Via e Piazza di Tor Sanguigna (R. V - Ponte; R. VI - Parione) (la piazza delimitata ad est da piazza Sant’Apollinare, riceve via Giuseppe Zanardelli e via di Tor Sanguigna, che arriva fino a via di Santa Maria dell’Anima)
Apparteneva, nel XV secolo, alla quinta regione “Pontis et Schortichiariorum”.[1] Prese il nome di Sanguigna da quello di un membro dell’antichissima famiglia romana dei Gemini, Sanguigno, vissuto circa nel 1347. A questa famiglia, che ebbe un Buccio, conservatore di Roma nel 1305, sembra appartenesse Leone VI (maggio 928-dicembre 928) che fu pontefice solo 7 mesi e 5 giorni.
Nel 1406, Riccardo Sanguigni fu fatto decapitare da Paolo Orsini, che l’aveva fatto prigioniero in un combattimento avvenuto presso Porta Pia, prima che Innocenzo VII (Cosma Migliorati - 1404-1406) concludesse la pace con il re di Napoli Ladislao (1390-1414). Un altro Sanguigni, Bernardo, fu ucciso in casa della Grechetta, cortigiana "honesta" che ebbe per rappresaglia, bruciata la casa a Campo di Fiori, dopo uno scontro cui presero parte oltre 2000 persone.
Alla fine del ‘400, la famiglia abitava ancora la torre, tanto che un testamento di Rita Sanguigni, del 1497 dice: “Actum Romae in regione Pontis in loco qui dicitur torre Sanguigna”. Nel 1534 la tenne in affitto la Camera Apostolica e alcuni dei 46 stabili posseduti dal convento di Sant’Agostino, nella regione, erano su questa piazza, che fu poi pavimentata con selci da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) [2], nel 1587, “da Sant’Apollinare a Torre Sanguigna e a Santa Maria dell'Anima” [3].
Abitava qui quell’archibugiere che aveva ucciso il fratello Francesco di Benvenuto Cellini, come questi racconta: “Questo tale istava a casa vicino a un luogo chiamato Torre Sanguigna, accanto una casa dove stava alloggiata una cortigiana delle più favorite di Roma, la quale si denominava la signora Antea. Essendo sonato di poco le 24 ore, questo archibusieri si stava in su l'uscio suo con la spada in mano, ed aveva cenato. Io con gran destrezza me gli accostai con un gran pugnale pistolese e girandogli un marrovescio, pensando levargli il collo di netto, voltosi anch'egli prestissimo, il colpo giunse nella punta della spalla istanca, e fiaccato tutto l’osso, levatosi su, lasciato la spada, smarrito dal gran dolore, si messe a corsa; dove che seguitandolo, in 4 passi lo giunsi, e alzando il pugnale sopra la sua testa, lui abbassando forte il capo, prese il pugnale appunto l'osso del collo e mezza la collottola, e nell'una e nell'altra parte entrò tanto dentro il pugnale, che io, sebbene facevo gran forza per riaverlo, non possetti; perché della ditta casa dell'Antea saltò fuora 4 soldati con le spade impugnate in mano, a tale che io fui forzato a metter mano per la mia spada per difendermi da loro. Lasciato il pugnale mi levai di quivi, e per paura di non essere conosciuto me ne andai in casa del duca Lessandro in fra Piazza Navona e la Ritonda”. (palazzo Madama oggi del Senato).
Questo fratello, ammazzato in una rissa iniziata in Banchi e conclusasi “al ponte Sant’Agnolo" fu da Benvenuto sotterrato "con grandissimo onore nella chiesa dei Fiorentini”, con questa lapide: “Francesco Cellino Fiorentino, qui quod in teneris annis ad Ioannem Medicem ducem plures victorias retulit et signifer fuit, facile documentum dedit quantæ fortitudinis et consilii vir futurus erat, ni crudelis fati archibuso transfossus, quinto ætatis lustro jaceret, Benvenutus frater posuit. Obiit die XXVII Maii MD.XXIX.”
Si tramanda che, delle lettere che componevano il nome del defunto, solo la prima e l’ultima erano intere e le altre “tutte rotte". Spiegò “Alli litterati” che gli avevano “fatto quel bello epigramma” che “quelle dua lettere intere, la prima e l'ultima si erano, la prima, memoria di quel gran guadagno di quel presente che ci dava Iddio, di questa nostra anima accesa dalla sua divinità; questa non si rompeva mai; quell'altra ultima intera si era per la gloriosa fama delle sue valorose virtù; e quelle lettere esser rotte, perché quello strumento mirabile del suo corpo era guasto e morto” .
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[1] ) Scorticariorum = Conciatori di pelli. Un avviso del 22 maggio 1447 stabiliva: "Non sia nulla persona che se accocchi de gictare in piazza, né in via, nulla quantità de mortula, con che se concia lo corame o vero altra zaczura de pelli, ovvero null’altra immonditia, alla pena de sol. XV da tollere et applicare... ".
[2] ) Nel 1590, il 19 maggio, Sisto V pose l’ultima pietra della cupola di S. Pietro.
[3] ) Vie di Roma imperiale - Le attuali vie della Colonna, delle Cappelle, di Sant'Agostino e di Tor Sanguigna e dei Coronari ripetono quasi interamente il percorso di quella strada, che, in direzione da Est ad Ovest, partiva dalla via Flaminia (Lata) a nord del tempio delle Divo Adriano, costeggiava il tempio di Matidia, le terme Neroniane-Alessandrine e lo stadio di Domiziano, andando ad imboccare direttamente il ponte Neroniano.
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